SANTI VITALE, VALERIA, GERVASIO E PROTASIO
Vitale e Valeria, genitori dei Santi Gervasio e Protasio, anch’essi Martiri, sono celebrati insieme il 28 aprile. Come scrive Antonio Borrelli, in particolare Vitale ha avuto una raffigurazione nell’arte molto vasta; a Lui sono dedicate la Basilica di San Vitale in Ravenna, con i suoi magnifici mosaici, la Chiesa omonima a Venezia, dove è raffigurato vestito da soldato, a cavallo, mentre solleva uno stendardo, con lancia, spada e mazza, strumento del martirio della sua sposa Valeria. Ancora a Lui è dedicata la Chiesa di San Vitale a Roma, con gli affreschi seicenteschi narranti il suo martirio.
Le prime notizie che si hanno di Vitale e Valeria provengono da un opuscolo scritto da Filippo, che si nomina ‘servus Christi’ e a cui sono intitolati i più antichi nuclei di vita cristiana a Milano, come l’Hortus Philippi e la Domus Philippi; detto opuscolo fu rinvenuto accanto al capo dei corpi dei Martiri Gervasio e Protasio, ritrovati da Sant’Ambrogio nel 396. L’opuscolo, oltre a narrare il martirio dei due fratelli, descrive anche quello dei due genitori, Vitale e Valeria, e del medico ligure, forse operante a Ravenna, Ursicino, vissuti e morti nel III secolo.
Vitale è un ufficiale che scorta il giudice Paolino da Milano a Ravenna. Scoppiata la persecuzione contro i Cristiani, accompagna, incoraggiandolo, Ursicino, condannato a morte, il quale, durante il tragitto verso il luogo dell’esecuzione, era rimasto turbato dall’orrore di trovarsi davanti alla morte violenta. Ursicino viene decapitato e decorosamente sepolto dallo stesso Vitale dentro la città di Ravenna.
Lo stesso Vitale viene pertanto arrestato e subisce varie torture con l’intento di convincerlo ad apostatare dal Cristianesimo. Il giudice Paolino, dopo vani tentativi, ordina, infine, che venga gettato in una fossa profonda e ricoperto di sassi e terra; così anch’egli diventa un Martire di Ravenna e il suo sepolcro, nei pressi della città, diviene fonte di innumerevoli grazie.
La moglie Valeria avrebbe voluto riprendersi il corpo del marito, ma i Cristiani di Ravenna glielo impediscono; tornando a Milano, lungo il viaggio incontra una banda di villani idolatri, che la invitano a sacrificare con loro al dio Silvano; Valeria rifiuta e per questo viene percossa così violentemente che, arrivata a Milano, muore tre giorni dopo.
I due giovani figli Gervasio e Protasio vendono tutti i loro beni, dandoli ai poveri, e si dedicano alla preghiera e alla meditazione delle Scritture. Dieci anni dopo vengono anch’essi martirizzati e Filippo ne cura la sepoltura.
Molti studiosi ritengono che la narrazione sia in parte fantasiosa, riconoscendo nei personaggi citati altre figure di Martiri omonimi venerati sia a Milano che a Ravenna; l’antica Chiesa di Santa Valeria a Milano, distrutta nel 1786, per gli studiosi non era altro che la ‘cella memoriæ’ della primitiva area cimiteriale milanese, intitolata alla ‘Gens Valeria‘. In ogni modo, il racconto, leggendario o veritiero che sia, è documentato da celebri monumenti anche di notevole antichità.
La Basilica ravennate, consacrata il 17 maggio 548, è dedicata, oltre che a San Vitale, anche ai suoi figli Gervasio e Protasio, le cui immagini sono poste sotto la lista degli Apostoli, mentre un Altare laterale è dedicato a San Ursicino. Nei mosaici di Sant’Apollinare Nuovo poi sono rappresentati tutti e cinque i Personaggi; dall’11° al 14° posto della fila dei Santi vi sono i quattro uomini e al 9° posto della fila delle Sante c’è Valeria. Numerosi documenti e Martirologi li nominano durante i secoli, specie San Vitale e San Ursicino, Martiri a Ravenna.
A Milano sorsero le tre Chiese che, data la loro vicinanza, confermano la stretta parentela dei Martiri, come era uso costruire allora: la Chiesa di San Vitale, la Chiesa di Santa Valeria (poi distrutta) e la Chiesa di Sant’Ambrogio, dove riposano ancora oggi i due fratelli gemelli Gervasio e Protasio.
A Roma, la matrona Vestina, alla fine del IV secolo, fa erigere una grande Basilica a tre navate in onore dei Santi Vitale, Valeria, Gervasio e Protasio sul luogo dove sorgeva un primitivo Oratorio intitolato ai due fratelli. Il Papa San Innocenzo I (402-417) la consacrò erigendovi il “Titulus Vestinae”, ultimo dei Titoli romani.